La rabbia: conosciamola da vicino

La rabbia è il termometro interno dell’inquietudine, del fastidio, dell’ irrisolto.

Può avere durata variabile, può essere momentanea o costante, può avere toni accesi, può essere esasperante, oppure subdola, ambigua.

La rabbia la provano tutti, grandi e piccoli. Quest’ultimi la provano quando rifiutano qualcosa viene offerta o in casi estremi imposta o quando sentono che qualcuno non è in sintonia con loro. Si manifesta di solito con urla, pianti inconsolabili, lanciando oggetti, allontanandosi e avvicinandosi al caregiver senza riuscire a trovare immediata consolazione.

Da grandi ci rendiamo conto di essere arrabbiati quando sentiamo che una parte di noi viene offesa, provocata, lesa.
La percepiamo come sintomo di un torto subìto o come la frustrazione di qualcosa che ci viene negato.

È comunque indice di insoddisfazione, dolore, aspettative deluse, sentimenti di sfiducia, inferiorità, abbandono, mancanza di appoggio, ricerca di perfezione..

Che faccia ha la rabbia?
Ci accorgiamo di essere in preda alla rabbia da immediate sensazioni fisiche come “un blocco allo stomaco” o “un nodo alla gola”, tremore, voglia di piangere, urlare, o stare in silenzio e non riuscire a parlare, ma anche con sintomi fisici più incombenti quali il colon irritabile, malattie cardiache, ipertensione, depressione e difficoltà a dormire. O ancora più semplicemente nel nostro viso si legge che siamo arrabbiati quando aggrottiamo la fronte, digrigniamo i denti, aumento del battito cardiaco, maggiore tensione muscolare ed eccessiva sudorazione.

Dopo l’attivazione fisica il nostro corpo codifica il da farsi per ristabilire un equilibrio.

Le risposte alla rabbia possono essere l’attacco che può tramutarsi in aggressività verso cose o persone, quindi può arrivare alla violenza fisica e psicologica sugli altri. Ancora dopo la rabbia qualcuno riesce ad autocontrollarsi, nonostante questo porti, se mai espressa, risentimento, chiusura o addirittura depressione. Altra reazione è il disorientamento, la sensazione di pericolo, lo scollegamento dalla realtà, la diffidenza nel rapporto con gli altri, la mancanza di fiducia nell’altro, la distanza nel contatto fisico.

Quando perdiamo la calma una delle prime considerazioni che facciamo è quella o di considerare un’altra persona responsabile di averci procurato un danno, un fastidio, soprattutto quando viviamo le relazioni con gli altri in maniera ambivalente o ci arrabbiamo con noi stessi se pensiamo che la nostra rabbia potrebbe recare agli altri un malessere.

Spesso le prime persone colpite dalla nostra rabbia sono le persone che ci stanno vicino come i nostri genitori, coniugi, figli. A volte sono i veri e propri attivatori altre volte sono i “malcapitati” in quanto proprio da loro ci aspettiamo sempre comprensione e ascolto. Quando invece siamo noi stessi i destinatari della rabbia arriviamo a farci del male, anche fisicamente.

Quando ce n’è troppa…
In casi estremi la rabbia si esprime attraverso degli agiti fisici come il rompere oggetti, guidare velocemente, avventarsi su qualcuno, ferirsi, rinunciare. Uno dei primi sentori è l’alterazione del tono di voce e/o la perdita di lucidità. Altre volte sembra che la rabbia non venga adeguatamente espressa, nè sembra comparire minimamente nel nostro corpo. In quest’ultimo caso viviamo intrappolati in comportamenti che ci creano malessere, spesso rivolti contro noi stessi che sono la chiara espressione dell’essere arrabbiati verso qualcuno o addirittura di arrabbiarsi al posto di qualcuno. In quest’ultimo caso è davvero difficile definire la propria rabbia e quasi si sente vergogna o colpa nel provarla. Succede proprio quando prestiamo il nostro corpo e la nostra mente a qualcuno di strettamente vicino, un familiare del nucleo di origine o di quello attuale che non si arrabbia a sufficienza avendone il diritto ma non facendolo per non colpire a sua volta qualcun’altro o per rinuncia a se stessi.

C’è anche un’altra rabbia “buona”, quella che ci aiuta a reagire e a uscire dalle situazioni che ci creano malessere.

È questa rabbia che nella vita di tutti i giorni ci aiuta a realizzare un bisogno o un desiderio. Ci aiuta a vedere cosa ostacola l’autorealizzazione, è la rabbia “protettiva”.

Perché è utile arrabbiarsi
Nonostante venga spesso etichettata come emozione negativa, da evitare, da soccombere, tale emozione di fatto diventa negativa, e soprattutto distruttiva, quando non viene riconosciuta e usata al momento in cui emerge, ma viene repressa con conseguenze dannose non solo per se stessi, ma anche per gli altri.

Da piccoli ci viene insegnato che è sbagliato e poco consono esprimere la collera. Da grandi la rabbia viene ritenuta inopportuna, irragionevole, associata all’azione aggressiva o al “capriccio”.

E’ importante considerare che se non ci siamo mai concessi di esprimere la rabbia la stessa si ritorce contro noi stessi. Può  arrivare a farci isolare, a deprimerci, a procuraci del dolore .  E’ importante riconoscerla al momento in cui la viviamo per quello che e’: un “meccanismo di protezione” che ci segnala che c’e’ qualcosa che non va, è un segnale d’allarme, ci dice che c’è una dissonanza nel nostro interno in relazione con l’esterno.

È solo dopo un periodo di conoscenza interiore della rabbia e di cosa o chi l’ha provocata che ci può portare all’accettazione di una delusione, di un fallimento, di un’offesa subìta. Rimandarla simbolicamente al “mittente”  o comunque discernere a chi appartiene e per chi stiamo combattendo ci aiuta a viverla in maniera più adattiva.
Imparare a manifestare la propria collera significa conoscere i propri reali bisogni e intrattenere relazioni più autentiche con le persone che ci circondano.
Lo scopo è infatti quello di ristabilire un equilibrio e non di schiacciare qualcuno. Il beneficio di esprimere la collera va oltre il sollievo di togliersi un peso, significa ridefinire le relazioni con se stessi e con gli altri.

 

Pinuccia Ribaudo

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